Seleziona una pagina

Storia

La Chiesa

La chiesa di San Girolamo della Carità è un luogo di culto cattolico di Roma, situato nel rione Regola, in via di Monserrato, non lontano da Palazzo Farnese. Oggi funge anche da Cappella della Biblioteca della Pontificia Università della Santa Croce.

Storia

Nel 382 papa Damaso chiamò a Roma Girolamo per affidargli la traduzione, l’interpretazione ed il commento della Bibbia e per averne l’aiuto, insieme con quello del Vescovo di Milano Ambrogio, per combattere ed eliminare l’arianesimo, eresia che minacciava seriamente il cattolicesimo che in quel tempo andava diffondendosi e rafforzandosi. Girolamo, giunto dall’oriente, andò  ad abitare nella casa della matrona Paola che si dice sorgesse sull’area dell’attuale complesso ecclesiale.

Dal XVI secolo in poi, le vicissitudini della chiesa sono strettamente legate a quelle dell’Arciconfraternita della Carità nei cui documenti d’archivio è scritta la storia di una benemerita istituzione e con essa quella degli interventi sulla chiesa. Inoltre il complesso edilizio di S. Girolamo è da quell’epoca anche strettamente legato alla vicenda umana e spirituale in Roma di un grande santo, Filippo Neri, che vi ha abitato per ben trentatré anni.

Fondata, secondo la leggenda, nel IV secolo sull’area della casa che aveva ospitato San Girolamo, la chiesa fu ricostruita verso il1654 da Domenico Castelli. Nel convento adiacente aveva abitato, tra il 1551 e il 1583San Filippo Neri. Egli fondò per primo l’oratorio.

L’attività musicale nei secoli XVI-XIX

L’Arciconfraternita della Carità, istituita nel 1524 presso la chiesa di S. Girolamo con lo scopo principale di assistere gli infermi e i carcerati, già nel 1548 stipendiava regolarmente un organista e vari “musici”, cioè cantori. Pochi anni dopo in questa chiesa san Filippo Neri, uno dei principali artefici della rinascita religiosa della Roma cinquecentesca, avviò i suoi esercizi spirituali, che presero il nome di “oratorio” e si tenevano in alcuni locali posti sopra alla navata. Per circa tre secoli l’attività musicale a S. Girolamo si svolse dunque in un duplice ambito: il servizio liturgico in chiesa e le musiche per gli esercizi dell’oratorio.

La musica era prevista fin dagli inizi nell’oratorio, tanto che già nel 1563 fu pubblicata la prima raccolta di laudi in volgare “per consolatione et a requisitione di molte persone spirituali, et devote, tanto religiosi, quanto secolari” ad opera del compositore Giovanni Animuccia, fiorentino di nascita come S. Filippo, tra i suoi primi seguaci e suo grande amico, nonché successore del Palestrina alla cappella Giulia in S. Pietro.

Per una cappella musicale stabile a S. Girolamo bisogna però attendere fino al 1640 circa, quando vari lasciti testamentari offrirono un sostegno sia alle musiche per le funzioni liturgiche sia alle musiche per l’oratorio. Queste ultime si tenevano ogni anno nella cosiddetta “stagione” che durava da Ognissanti a Pasqua, e che vedeva la presenza di vari cantori e strumentisti, anche provenienti dalle altre cappelle romane quali quelle in S. Pietro, S. Maria Maggiore, S. Luigi dei Francesi, S. Maria in Trastevere, S. Apollinare.

Dalla metà del ‘600 in poi l’attività musicale sia della chiesa sia dell’oratorio è fiorente e affidata a maestri di cappella di buona rinomanza come Alessandro Scarlatti. Per le musiche straordinarie delle feste di S. Girolamo e S. Filippo e per l’esposizione delle Quarant’ore presero parte, oltre ai cantori al servizio della chiesa, anche alcuni dei più celebri cantori ed esecutori dell’epoca tra i quali Arcangelo Corelli. Una regolare stagione oratoriale ebbe inoltre un crescente appoggio da parte di nobili e cardinali e verso la fine del ‘600 si diffuse fino a dominare il repertorio musicale romano. Tuttavia, nonostante i documenti d’archivio attestino per quel periodo fino a 42 oratori per stagione, al momento si sono reperiti solo pochissimi testi di oratori sicuramente eseguiti a S. Girolamo.

Nel ‘700 le esecuzioni di oratori “nuovi”, cioè appositamente composti per le varie occasioni, andarono via via diminuendo: negli ultimi decenni di quel secolo il numero complessivo delle esecuzioni era probabilmente limitato a non più di tre-quattro oratori all’anno, analogamente a quanto avveniva alla Chiesa Nuova. Non è chiaro se l’Arciconfraternita abbia mantenuto per tutto il secolo una cappella regolarmente stipendiata. È anzi più probabile che si trattasse di una cappella che si riuniva in occasione delle sole festività peculiari. Verso la fine del secolo, venendo meno il necessario sostegno economico, la stagione oratoriale si ridusse ad una sola esecuzione annuale.

Con la parentesi dell’occupazione francese del 1798 l’Arciconfraternita venne sciolta, per poi ritornare in attività dopo due anni. L’attività musicale riprese ma in forma ridotta e in maniera sempre più sporadica, non essendo più sufficienti le disposizioni testamentarie. L’ultima esecuzione di un oratorio a S. Girolamo, di una quindicina che si ebbero da inizio ‘800, avvenne nel 1866: poco dopo, dati i sopraggiunti motivi politici del 1870, l’attività musicale oratoriale ebbe termine.

Tratto da:

    • E. Simi Bonini, Il fondo musicale dell’Arciconfraternita di S. Girolamo della Carità, Cataloghi di Fondi musicali italiani, n. 15, Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, 69 (1992).
    • E. Simi Bonini, L’organo di S. Girolamo della Carità, in: “Amici dell’organo di Roma”, serie II, 1986, 140-147.
    • A. Panfili, Pietro Pantanella e l’arte organaria a Roma nel XIX secolo, Collana d’arte organaria, XXXV, 2015, Associazione “Giuseppe Serassi”, Guastalla.

Opere d’arte

Ricca di opere artistiche, la facciata è opera di Carlo Rainaldi (1660). L’interno è a navata unica, coperta da un ricco soffitto ligneo intagliato.
La prima cappella a destra è la Cappella Spada, opera di Virgilio Spada, realizzata con la collaborazione di Francesco Borromini, decorata da un ricco rivestimento di diaspro e marmi preziosi, che simulano un apparato funebre, con ovali con busti di antenati e una ghirlanda di bronzo che incornicia un prezioso dipinto del XV secolo.

Sull’altare maggiore, disegnato da Carlo Rainaldi, è collocata una copia dell’Ultima comunione di San Girolamo del Domenichino, oggi alla Pinacoteca Vaticana, realizzata sull’esempio del celebre dipinto di Agostino Carracci. Tra le altre cose notevoli si segnala la cappella Antamoro (1708), unica opera romana di Filippo Juvarra, ornata dalla statua marmorea di San Filippo Neri di Pierre Legros.

L’organo

Esistono tra i documenti dell’Arciconfraternita varie testimonianze dell’esistenza di un organo nella chiesa di S. Girolamo a partire dal 1548, in forma di mandati di pagamento per il suo rifacimento e per la manutenzione. Di questo primo strumento non si conoscono né l’artefice né le caratteristiche: si sa solo che a metà del ‘600 doveva essere completamente inservibile, probabilmente in seguito al grosso incendio del 1631 che devastò parte dell’oratorio e che portò alla riedificazione della chiesa nella sua attuale disposizione a navata singola con cappelle laterali. Nel 1659, essendo prossimo il termine dei lavori di riedificazione, si stabilì di rifare l’organo e furono chiamati gli organari Testa e Catarinozzi i quali realizzarono uno strumento a una tastiera di 50 note più pedaliera, dotato di dieci registri, con l’impegno che fosse “messo in opra e sonante” per il Natale dello stesso anno. Per tutto il ‘700 sono testimoniate operazioni di manutenzione svolte da organari appartenenti alla famiglia Alari, a cui successero nell’800 i Priori.

A partire da metà ‘800 si iniziò a parlare di rifacimento e ampliamento dell’organo, ritenuto non più in grado di soddisfare le esigenze liturgiche. Nel corso degli anni furono esaminati vari preventivi: infine fu scelto quello presentato dall’organaro Pantanella il quale riutilizzò per quanto possibile il materiale fonico dello strumento seicentesco con l’aggiunta di alcuni registri secondo il gusto musicale dell’epoca. Il Pantanella, che già aveva realizzato negli anni precedenti alcuni strumenti di notevole pregio in varie chiese romane, per S. Girolamo realizzò l’ultima opera di cui si hanno notizie certe come testimoniato dall’iscrizione posta sul frontalino della tastiera: “Pietro Pantanella fece in Roma l’anno 1884 – N° 70”.

L’organo Pantanella, tuttora invariato e perfettamente funzionante, è a una tastiera di 54 note più pedaliera di 11 note costantemente unita al manuale, dispone di 25 registri di cui 5 spezzati tra bassi e soprani e tre alla pedaliera, più tiratutti e ottava acuta al manuale (“terza mano”). Oltre all’elettroventilatore, esiste ancora il meccanismo originario a leva per alimentare il mantice a mano.

L’organo è stato restaurato nel 1979 dalla ditta Ruffatti di Padova, e nel 2008 dalla ditta Klimke (Bottrop, Germania).